Riflessioni sull'apprendimento di italiano
Studio l’italiano da 5 anni ed e’ ancora difficile scrivere i miei pensieri con scorrevolezza. Ho la voglia di volare ed esplorare l’immensità dei cieli, ma le mie ali sono tarpate con le limitazioni del linguaggio. Mi sento come un artista che vuole dipingere un viso con una certa ombra, ma non ha i colori o la conoscenza di vernice per realizzarla.
Le parole italiane non sono ancora mie, sono piu’ come gli oggetti che metto in mano o tasca, non crescono dal suolo della mia anima. Ho una voce forte come una tromba, ma e’ coperta con timidezza e la si trova nelle profondita’ del terreno.
Quando parlo in italiano, non e’ naturale, non cammino sul marciapiede con disinvoltura, ma con titubanza come se fossi camminando su una corda stretta. Devo concentrarmi sulla grammatica, sui generi delle parole per usare gli articoli giusti, e trovare i vocaboli adatti per esprimermi chiaramente.
Ho smesso di leggere L’amica geniale di Elena Ferrante. Avevo paura. Ad ogni angolo i vocaboli mi hanno abbaiati e non riuscivo ad entrare la porta di comprensione. Mi hanno morso senza pieta’ e le mie gambe erano nelle loro mascelle.
L’apprendimento di una lingua straniera significa ritornare nel grembo materno, e’ imparare come camminare e dire ciao di nuovo.